Dichiarazione sostitutiva ai sensi del DPR 445/2000 e falso ideologico

Con un’interessante decisione, il Tribunale di Gorizia ha affrontato la questione dei limiti della penale responsabilità del privato per il reato di falso ideologico in atto pubblico (art. 483 C.p.) in conseguenza dell’accertata mendacia della dichiarazione sostitutiva resa ai sensi dell’art. 46 del DPR 445/2000.

Argomento
Casi dello studio
Data pubblicazione
1/02/2013

Il caso riguardava tre professionisti che avevano dichiarato, nei documenti con valore di autocertificazione allegati alla domanda di partecipazione ad una gara d’appalto, di non avere precedenti penali e di essere in regola con i contributi previdenziali. Poichè la stazione appaltante aveva accertato sia l’esistenza di precedenti penali che alcune pendenze nei confronti della cassa di previdenza di appartenenza, i professionisti erano stati tratti in giudizio per rispondere del reato in parola.

Accogliendo difensiva del loro difensore, avv. Lorenzo Cudini, il Tribunale di Gorizia in composizione monocratica ha assolto i tre perché il fatto non sussiste, sottolineando che, a ben vedere, ai professionisti era stato chiesto da un lato di dichiarare se avevano subito condanne per reati gravi in danno allo stato che incidessero sulla moralità professionale, dall’altro di dichiarare se avessero commesso violazioni gravi e definitivamente accertate alle norme in materia di contributi previdenziali ed assistenziali. In buona sostanza, il requisito dell’art. 38 del Codice degli Appalti, che rimette alla stazione appaltante l’obbligo di valutare la gravità dei precedenti penali e delle violazioni in materia contributiva, era stato riportato integralmente nel testo dell’autocertificazione richiesta ai partecipanti, con la conseguenza che si era finito per chiedere proprio agli interessati di esprimere detta valutazione, in palese contrasto con quanto stabilito sia dalla Giurisprudenza del Consiglio di Stato che dall’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici nella sua determinazione n. 1 del 12.1.2010.

Nessuna falsa dichiarazione quindi, atteso che, come correttamente evidenziato nella sentenza in commento, gli imputati avevano dichiarato il vero ritenendo che i rispettivi precedenti penali e le violazioni in materia previdenziale non fossero gravi al punto da giustificarne la menzione. Inoltre, per quanto riguarda le pendenze contributive, non è stata nemmeno raggiunta la prova che fossero state definitivamente accertate.

La decisione del Tribunale di Gorizia offre lo spunto per una considerazione.

Per capire se, nelle dichiarazioni con valore di autocertificazione, deve essere fatta menzione dei precedenti penali è necessario leggere attentamente il contenuto della dichiarazione stessa (anche se, purtroppo, è spesso di difficile interpretazione). Frequentemente accade che, proprio come nel caso in commento, la stazione appaltante riporti integralmente il testo dell’art. 38 del Codice degli Appalti (addirittura con il sistema del copia-incolla), sicchè viene chiesto al dichiarante di valutare la gravità delle condanne subite. E’ evidente che, in questo caso, l’omessa menzione è del tutto legittima a differenza del caso in cui le condanne riguardino reati espressamente richiamati nella dichiarazione.