La responsabilità penale da colpa medica: la motivazione della sentenza ed il richiamo all’accertamento peritale

Con la sentenza n. 26997 del 27.4.2015 (dep. 25.6.2015) la Corte di Cassazione si è espressa in merito ai requisiti minimi necessari della motivazione della sentenza penale, sia essa di condanna o di assoluzione.

Argomento
Casi dello studio
Data pubblicazione
3/09/2015

Il caso

A seguito della morte perinatale del figlio, due coniugi si erano costituiti parti civili nel procedimento penale per omicidio colposo promosso nei confronti della ginecologa dell’ospedale nel quale era avvenuto il parto.

Il giudizio di primo grado, svoltosi avanti il Tribunale di Udine, si era concluso con la condanna dell’imputata, la quale aveva impugnato la sentenza ed aveva ottenuto dalla Corte d’Appello di Trieste l’assoluzione. Assistiti dall’avv. Lorenzo Cudini, i coniugi hanno proposto ricorso in cassazione contro la sentenza della Corte territoriale che aveva ribaltato il verdetto del Tribunale, lamentando la mancanza e la contraddittorietà della motivazione che si era limitata a richiamare le conclusioni di una nuova perizia disposta in appello, la quale aveva escluso ogni profilo di responsabilità della ginecologa per colpa medica.

La sentenza

Afferma la Suprema Corte che i giudici d’appello hanno errato nel limitarsi a richiamare ed a fare proprie, nella motivazione della sentenza assolutoria, le osservazioni dei periti senza un effettivo esame delle questioni che il procedimento aveva evidenziato e che avevano giustificato la nomina di un nuovo collegio peritale nel secondo grado di giudizio. Se da un lato il permanere di incertezze in ordine ai profili di responsabilità medica aveva indotto la Corte territoriale a disporre una nuova perizia, l’adesione alle conclusioni della stessa, proprio perché diametralmente opposte a quelle del perito del Tribunale, avrebbe dovuto soddisfare tutti i requisiti di completezza, logicità e congruenza tipici di una corretta motivazione.

Manca invece nella sentenza impugnata, secondo la Corte, la spiegazione delle ragioni per le quali il Giudice del merito ha ritenuto di disattendere le conclusioni del primo perito - con un insufficiente implicito richiamo alle censure degli appellanti - e contemporaneamente di aderire a quelle del nuovo collegio peritale.

Per fornire una congrua ragione della scelta operata, la Corte avrebbe dovuto confrontare le conclusioni dei suoi periti, che avevano escluso la responsabilità della ginecologa, con quelle del perito di primo grado, che invece l’aveva ritenuta sussistente, e rapportarle entrambe alle altre risultanze processuali, mettendo in relazione tra loro gli argomenti di tutte le parti (come d’altra parte aveva fatto il Tribunale), indicando le ragioni del proprio convincimento e sviluppando così un percorso motivazionale completo su tutta la complessa vicenda. Conclude la Suprema Corte sottolineando che non era sufficiente un mero approfondimento delle varie fasi e dei singoli aspetti del fatto, separati gli uni dagli altri e isolatamente considerati, accompagnato dalla generica considerazione che non tutto era stato possibile chiarire con certezza.

Alla luce di tutto ciò, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la motivazione della sentenza vada rivista nel suo complesso e per questo ha annullato la decisione della Corte d’Appello di Trieste con rinvio per un nuovo esame al giudice civile competente per valore in grado d’appello.

Come si è detto, infatti, la sentenza era stata impugnata dai genitori del neonato ai soli effetti civili, perché con la pronuncia della Corte d’Appello gli effetti penali della sentenza assolutoria erano già divenuti definitivi.

Appare opportuno evidenziare che la Cassazione ha segnato un importante punto su una questione di non poco rilievo che andrebbe tenuta presente anche nelle pronunce civili. Accade spesso, infatti, che il giudice di merito (civile o penale che sia), quando la decisione dipende dalla soluzione di questioni di natura tecnica, si limiti a richiamare le conclusioni dei suoi periti, quasi fosse inevitabile l’adesione alla loro valutazione. Con la sentenza in commento la Cassazione afferma, però, che l’utilizzo dell’ausiliario non può dispensare il Giudice dall’elaborazione di un adeguato impianto motivazionale, soprattutto quando, come nel caso di specie, si tratta di ribaltare una precedente opposta decisione del giudice di primo grado.